Comunicato stampa del 19 novembre 2017
Replica alle dichiarazioni di FEDERALBERGHI in ordine alla proposta di riduzione al 10% dell’imposta sui redditi da locazioni brevi
Dopo aver sbandierato per anni che locazione breve = shadow economy, ora che il Parlamento ha adottato e sta per adottare provvedimenti che possano favorire un aumento del gettito fiscale derivante dalla locazione breve: Federalberghi parla di “gravi danni, sia per imprese che rispettano le regole e pagano le imposte, sia per i cittadini alla ricerca di una casa in affitto”.
E’ evidente, a questo punto, che dietro ai proclami vi sia esclusivamente l’intento di salvaguardare la rendita di posizione dei propri associati senza alcun riguardo per gli interessi del Paese – per cui un aumento degli arrivi turistici, rappresenta una risorsa importante – e senza alcun riguardo per i cittadini che non sono solo quelli che ricercano una casa da affittare, ma sono anche quelli che hanno una casa da affittare.
L’estensione dell’aliquota del 10% anche agli affitti brevi avrebbe l’effetto, tanto auspicato proprio da Federlberghi, di favorire l’emersione dal quella che la stessa Federalberghi chiama “shadow economy”, aumentando così il gettito fiscale.
Il MEF nel mese di ottobre del 2017 nel proprio “Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva” ha rilevato che dall’introduzione della cedolare secca sugli affitti abitativi (2011), il divario fra gettito teorico e gettito effettivo è diminuito del 42% e la propensione all’inadempimento si è ridotta del 40%.
I dati forniti dalla Agenzia delle Entrate dicono che in Italia il numero delle abitazione a disposizione e quindi non utilizzate dai proprietari e non date in locazione, è ancora elevatissimo. Dunque non corrisponde a verità che le asserite difficoltà delle famiglie nel trovare alloggio dipendano dal ridotto numero di alloggi a disposizione.
La verità è che i proprietari sono consapevoli dei rischi che si corrono dando in locazione i propri alloggi con contratti di tipo residenziale. I cittadini preferiscono quindi “impazzire” con la gestione degli arrivi e delle partenze dei propri inquilini, con le frequenti pulizie e riassetti degli alloggi tra un partenza e un arrivo e soprattutto con la miriade di adempimenti burocratici che sono tenuti ad effettuare (comunicazioni, al comune, riscossione e versamento della imposta di soggiorno, comunicazioni mensili relative a detta imposta, comunicazioni alla questura, comunicazione dei flussi turistici, adempimenti fiscali, etc.), piuttosto che correre il rischio di trovarsi la casa occupata da un inquilino moroso e dover continuare a pagare la tasse, su un canoni di locazione non percepiti, oltre alle spese legali, per tutto il lunghissimo periodo che le procedure giudiziarie richiedono prima di giungere al rilascio.
Federalberghi è l’organizzazione nazionale maggiormente rappresentativa degli albergatori italiani. Da quando Federalberghi ha deciso di sostituirsi alle principali organizzazione degli inquilini privati, quali il Sunia, nella difesa degli interessi di quest’ultimi?
Non si faccia poi di tutta un’erba un fascio, mettendo sullo stesso piano i singoli proprietari che legittimamente affittano il proprio alloggio esercitando il proprio diritto di proprietà privata e coloro che, invece, svolgono imprenditorialmente e altrettanto legittimamente l’attività di gestione di alloggi di proprietà altrui.
Osteggiare la locazione turistica significa solo fare un danno al Paese. Meno turismo in appartamento non significa, infatti, più turismo in albergo. Significa solo meno turismo. Non si dimentichi che il turismo non è solo offerta di alloggio, ma è anche ristorazione, trasporti, commercio, servizi come quelli delle guide o degli interpreti etc. E tutto ciò è fonte di reddito e quindi di gettito fiscale. Senza dimenticare il gettito derivante dalla imposta di soggiorno, non dovuta dagli inquilini degli alloggi locati con contratti di tipo residenziale.
Quanto alle asserite bugie di quella che Federlaberghi definisce “shadow economy”:
– basta parlare di shadow economy! Il recente d.l. 50/2017 ha previsto che gli intermediari e i portali di prenotazione on line debbano operare una ritenuta d’acconto del 21% (pari all’intera imposta dovuta da chi opti per il regime agevolato della cedolare secca) e quindi non è più possibile parlare di “sommerso”. Si lavori perché la norma abbia pratica attuazione e quindi la ritenuta venga operata da tutti gli operatori e non solo da alcuni, anziché trincerarsi dietro agli slogan;
– basta parlare di sharing economy! Un proprietario che affitta il proprio alloggio con un contratto di locazione breve e/o turistica esercita la facoltà di godimento del bene riconosciutagli dalla legge e tutelata dalla Costituzione, esattamente come il proprietario che affitta il proprio alloggio con un contratto di tipo residenziale. Ma chi lo ha detto che vi sia un intento di condivisione? L’intento è solo quello di mettere a reddito un bene, nel modo più efficace e più sicuro, evitando di lasciarlo sfitto e così contribuendo al gettito fiscale nazionale
– basta enfatizzare il fatto che il 70,3% degli annunci si riferisce ad alloggi disponibili per oltre sei mesi l’anno. Il proprietario ha diritto di disporre della cosa in modo pieno ed esclusivo e non solamente per una parte dell’anno.
Dunque: bene venga qualunque iniziativa che favorendo l’offerta di alloggi da affittare con contratti di locazione breve, contribuisca a migliorare l’offerta turistica, contribuisca ad aumentare le opportunità per i proprietari di potere mettere a redditi immobili altrimenti lasciati sfitti e contribuisca all’aumento del gettito fiscale nazionale e del gettito derivante dalla imposta di soggiorno.